la Repubblica, 3 ottobre 2001

La lotta delle donne afgane del Rawa, clandestine La lotta delle donne afgane del Rawa, clandestine che combattono i Taliban documentandone le atrocità

Telecamera sotto il burqa per raccontare la verità

Lo scioccante filmato dell'esecuzione di una prigioniera "Aiutateci - dicono le militanti - ma non bombardateci"

di ALESSANDRA RETICO

UNO stadio di calcio in Afghanistan. Gente sulle gradinate, una folla che grida e inneggia. A chi, verso cosa? Non c'è una partita in programma, non ce ne sono mai qui. Non si vede bene: le immagini oscillano, tremano, si offuscano e a tratti si ciecano. Eppure d'improvviso si fa chiaro, troppo chiaro quello che sta per accadere: tre donne col burqa, la veste che copre e nasconde interamente le afghane, entrano sul campo a bordo di un camioncino. Un uomo armato, col turbante, ne strattona una giù, la fa inginocchiare al limite dell'area di rigore. Si vede di nuovo pochissimo, forse la donna gira il busto, come a guardare cos'è quella cosa fredda puntata alla nuca. Nessuna cerimonia, parte un colpo. Davanti a lei, sulla traiettoria di tiro, si alza una nuvoletta di polvere provocata dal proiettile che le ha attraversato la testa. La donna muore e si accascia. La folla esulta, si piega e si arcua per catturare una migliore visione della scena: il corpo della donna è in terra, il burqa azzurro si tinge velocemente di rosso sangue.

È questo uno dei più scioccanti filmati di una esecuzione pubblica che l'Occidente abbia mai visto in tv. Forse il migliore, se così si può dire, documento delle atrocità perpetrate dai Taliban. È solo una piccola parte di uno sconcertante documentario che dura un'ora e che va sotto il nome di "Dietro il velo" e che la Cnn sta trasmettendo in queste ore. Girato dalla giornalista di origine afgana della Bbc, Saira Shah, che lo scorso anno ha viaggiato clandestinamente in Afghanistan.

"Dietro il velo" svela l'orrore della vita sotto il regime dei Taliban, dalle pubbliche esecuzioni per reati come prostituzione e adulterio, alla brutalità della polizia fondamentalista e alla carneficina dei civili che vivono al confine tra la guerra civile con la Northern Alliance, l'Alleanza del Nord.

Ma alcune delle più agghiaccianti scene del documentario, compresa quella dell'esecuzione della donna nello stadio, non le ha girate la Shah ma un'organizzazione di donne afgane che ha collaborato con la giornalista della Bbc: si tratta della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (Rawa), che opera clandestinamente e le cui associate rischiano ogni giorno la vita nel tentativo di combattere il regime talibano attraverso la documentazione e pubblicità della loro brutalità.

La Rawa è stata fondata nel 1977 da un gruppo di femministe afgane con l'obiettivo di promuovere e tutelare i diritti delle donne ma ha dovuto allargare la propria misura d'intervento quando i fondamentalisti hanno preso il potere nel Paese. Determinate a far conoscere al mondo di quali terrori fossero capaci i Taliban, le donne della Rawa hanno cominciato a filmare tutto ciò che potevano nascondendo sotto il burqa piccole telecamere. È questa la ragione per cui le immagini sono spesso di cattiva qualità, tremanti, buie. Ed è grazie alle donne della Rawa che giornaliste come Shaila Shah e Eve Ensler, l'autrice dei "Vagina Dialogues", hanno potuto metter piede clandestinamente in Afghanistan e portare in Occidente le prove dell'orrore.

E contro la legge dei Taliban che vieta alle donne di avere un'istruzione, la Rawa tiene in segreto, in case private, corsi di persiano e matematica per donne e bambini, cambiando di volta in volta casa e orario delle lezioni per evitare di essere scoperte e uccise. E sempre alle donne, cui è vietato dal regime lavorare, la Rawa insegna a costruire manufatti di piccolo artigianato e a venderlo online. Nei campi profughi in Pakistan, si cura dell'assistenza medica, dell'alloggio e dell'educazione degli afghani fuggiti dai fondamentalisti.

"Non abbiamo mai conosciuto felicità né democrazia", riassume dolorosamente Fatima, nome in codice per una giovane attivista dell'organizzazione (vedi intervista). È per tutto questo che oggi la Rawa è diventata un'acerrima nemica dei Taliban, infuriati di dover avere a che fare con circa 2000 donne operanti tra Afghanistan e Pakistan che minano il loro potere scoprendo ciò che loro coprono: simbolico e paradossale il caso del burqa, imposto alle donne perché rimangano nascoste, dalle donne della Rawa capovolto di significato e usato come strumento di svelamento della verità.

Dopo l'attacco dell'11 settembre le cose sono peggiorate, dicono le donne della Rawa. I confini chiusi tra Pakistan e Afghanistan impediscono di conoscere che cosa stia accadendo dall'altra parte. Ai rifugiati ammassati alle frontiere l'organizzazione non è più in grado di fornire sufficiente assistenza. Dell'ennesima atrocità, dopo oltre un ventennio di guerra e sangue, non vorrebbero le donne della Rawa essere spettatrici. L'orrore che provocherebbe un attacco Usa non colpirebbe i Taliban, dicono, ma la gente che dei Taliban è vittima da anni. Non potrebbe entrarci tutto il dolore che ne verrebbe, neanche nel foro coraggioso del loro burqa.




http://www.repubblica.it/online/mondo/rawa/rawa/rawa.html







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